Chi ritiene che la medicina necessaria sia la riduzione delle protezioni di welfare, convinto che i servizi alle persone e la tutela dei diritti siano un costo, si sbaglia. Non si può pensare di pagare i deficit accumulati senza investire in solidarietà.
La situazione di stallo e l'incapacità delle istituzioni nel far fronte ai bisogni in aumento, generano sfiducia e rabbia. Dover pagare le tasse per non avere servizi e risposte adeguate, è sempre più un peso. L'evasione fiscale è sempre più compensata da ulteriori imposizioni sui consumi, a danno dell'equità e della giustizia sociale.
Un certo tipo di politica interessata in termini di consenso agli “utili” in breve, ha usato spesso la leva dei “soldi” per far presa sull'elettorato (i vari bonus scuola, la social card, il contributo una tantum…), senza lottare efficacemente contro la povertà, limitandosi ad amministrarla. Le strategie adottate hanno prodotto sistemi assistenziali gestiti a costo e non ad investimento, sistemi che cioè funzionano per carità, non per giustizia.
Noi crediamo sia necessario cambiare logica. Se il modello di welfare sin qui adottato non ha funzionato, perché non si è andati oltre al raccogliere e distribuire, non ci si è cioè chiesti come far rendere il capitale a disposizione, non ci si è preoccupati di come rigenerare le risorse.
Le istituzioni, dopo aver raccolto risorse attraverso il prelievo fiscale, devono preoccuparsi a che non siano spese per persone “aventi diritti senza doveri”. I diritti che riceviamo devono entrare in dialogo con la parte di doveri che ciascuno ha nei confronti degli altri.
Nella costruzione del Progetto di Città (dalle riflessioni condotte con chi quotidianamente si relaziona con persone in difficoltà o direttamente vive il disagio del lavoro che manca, della precarietà, della malattia...) ci siamo resi conto che il problema non è cercare di dare delle risposte alla domanda “ce la faremo a reggere la sfida, mantenendo lo stesso livello di risposta con meno risorse e bisogni in aumento?” , ma chiedersi se i mezzi, le strategie sin qui adottate e le relazioni sociali valorizzate sin qui siano adeguate per affrontare questa sfida.
Noi crediamo che a Paderno Dugnano occorra far fruttare il capitale sociale e le risorse economiche a disposizione. Di soldi ne vengono spesi molti, ma quasi solo in termini “assistenziali”. Le iniziative assistenziali alleviano i disagi, molto raramente promuovono il diritto di cittadinanza, spesso producono uno stato di dipendenza. È come se vi fosse una tacita rassegnazione dove le disuguaglianze, anche gravi, sono ritenute normali.
Nella costruzione del Progetto di Città (dalle riflessioni condotte con chi quotidianamente si relaziona con persone in difficoltà o direttamente vive il disagio del lavoro che manca, della precarietà, della malattia...) ci siamo resi conto che il problema non è cercare di dare delle risposte alla domanda “ce la faremo a reggere la sfida, mantenendo lo stesso livello di risposta con meno risorse e bisogni in aumento?” , ma chiedersi se i mezzi, le strategie sin qui adottate e le relazioni sociali valorizzate sin qui siano adeguate per affrontare questa sfida.
Noi crediamo che a Paderno Dugnano occorra far fruttare il capitale sociale e le risorse economiche a disposizione. Di soldi ne vengono spesi molti, ma quasi solo in termini “assistenziali”. Le iniziative assistenziali alleviano i disagi, molto raramente promuovono il diritto di cittadinanza, spesso producono uno stato di dipendenza. È come se vi fosse una tacita rassegnazione dove le disuguaglianze, anche gravi, sono ritenute normali.
Lo stesso discorso vale per il problema della “sicurezza”, vissuto sempre più come un problema individuale (l'incolumità personale, per i propri beni, per i propri familiari...) cui fa eco una grande, enorme, domanda alle Forze dell'Ordine (che non sono in grado di rispondere) di tutela “assistita” 24 ore su 24.
Noi pensiamo sia possibile fare diversamente. È necessario investire nella cultura della cooperazione. Senza il “noi” le persone restano sole, non c'è incontro di responsabilità reciproche. Non ci si salva da soli, ma ci si salva insieme.
Ci si salva se ci si aiuta reciprocamente, se alla responsabilità dell'istituzione di garantire i diritti, corrisponde la responsabilità dei cittadini a restituire in valore ciò che per loro viene speso. Chi è passato attraverso le difficoltà, può aiutare meglio e può aiutare l'amministrazione a programmare meglio.
Ci si salva se il bene ricevuto (ad esempio una casa), non appena si potrà farlo lo si rimette a disposizione di chi ne avrà bisogno in futuro. Ci si salva se tra disoccupati, se tra lavoratori, se tra aziende in crisi si fa “rete” e ci si aiuta, si coopera insieme per trovare delle soluzioni ai problemi, se si mettono insieme le capacità e le idee.
Per uscire dalla crisi sono necessari investimenti sociali. Se le risorse economiche mancano, è necessario rivolgere l'attenzione al capitale umano e alla coesione sociale. Investire nella cultura della cooperazione può essere la strada giusta.
Noi pensiamo sia possibile fare diversamente. È necessario investire nella cultura della cooperazione. Senza il “noi” le persone restano sole, non c'è incontro di responsabilità reciproche. Non ci si salva da soli, ma ci si salva insieme.
Ci si salva se ci si aiuta reciprocamente, se alla responsabilità dell'istituzione di garantire i diritti, corrisponde la responsabilità dei cittadini a restituire in valore ciò che per loro viene speso. Chi è passato attraverso le difficoltà, può aiutare meglio e può aiutare l'amministrazione a programmare meglio.
Ci si salva se il bene ricevuto (ad esempio una casa), non appena si potrà farlo lo si rimette a disposizione di chi ne avrà bisogno in futuro. Ci si salva se tra disoccupati, se tra lavoratori, se tra aziende in crisi si fa “rete” e ci si aiuta, si coopera insieme per trovare delle soluzioni ai problemi, se si mettono insieme le capacità e le idee.
Per uscire dalla crisi sono necessari investimenti sociali. Se le risorse economiche mancano, è necessario rivolgere l'attenzione al capitale umano e alla coesione sociale. Investire nella cultura della cooperazione può essere la strada giusta.
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